Recensione di Gomorra di Roberto Saviano

Roberto Saviano è uno scrittore e giornalista, poi diventato anche sceneggiatore, nato a Napoli il 22/09/1979 che ha usato la sua attività primaria di cronista e reporter per raccontare fedelmente tutto quello che era il mondo economico, politico e di difesa del territorio all’interno delle più importanti famiglie camorristiche di Napoli e non solo.

Per il suo costante impegno nella lotta alla criminalità organizzata e per le varie volte in cui ha portato nelle piazze la sua battaglia contro l’illegalità denunciando i fatti scabrosi successi con la compiacenza delle famiglie camorristiche più potenti, Saviano oggi è costretto a vivere sotto scorta obbligatoria ed è sottoposto ad un severo protocollo di protezione in vigore già dal 2006, quando il clan dei casalesi lo minacciò di morte pubblicamente.

Gomorra, viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra

Questo imperdibile best seller (che ha venduto più di due milioni e mezzo di copie in Italia e circa 10 milioni in tutto il mondo),è un viaggio molto descrittivo e reale nel circuito degli affari, dei complotti politici e delle lotte territoriali per difendere attività illecite, delle più forti e potenti organizzazioni camorristiche d’Italia.

Ambientato in alcuni comuni del napoletano oggi molto bistrattati da tutti e nei quali la presenza delle forze dell’ordine si nota a malapena (Giugliano, Casal di Principe, Casapesenna, Aversa, Mondragone), il libro descrive una realtà fatta di omertà e silenzi di un popolo che in piccola parte combatte l’illegalità e la vita criminale in genere, ma che nella sua maggioranza si schiera invece a suo favore godendo dei proventi che le famiglie abilmente distribuiscono per comprare fedeltà.

L’attività di reclutamento delle famiglie malavitose che inizia ancor prima della adolescenza, l’opera di convincimento sui ragazzi che questa sarà la loro unica speranza di salvezza, ed una realtà fatta di auto blu di grossa cilindrata e ville monumentali, fanno da contorno a tutto quello che è il mondo degli affari criminali della malavita organizzata, e che Saviano decise di mettere finalmente allo scoperto.

La serie televisiva, la realtà di Secondigliano e le piazze di spaccio

Secondigliano, Scampìa, Castelvolturno… tre mondi a parte, tre veri impèri della camorra più spietata; il clan camorristico dei Savastano ha il controllo assoluto del mercato della droga in tutta l’area di Napoli est ed a capo di questa famiglia c’è don Pietro, rispettatissimo e temutissimo boss di quelli veri, col cuore di pietra, di quelli che non si fanno scrupoli nemmeno quando devono uccidere una donna o un bambino.

Alla sua corte tantissimi ‘uomini di fiducia’, scagnozzi di quelli feroci ed armati fino ai denti, pronti a farsi ammazzare per una questione di onore o per difendere il territorio dalle continue minacce da parte delle sempre più forti bande rivali come quella facente capo a don Salvatore Conte, loro principale concorrente sul mercato della droga e davvero duro da fronteggiare perché anche lui molto protetto da centinaia di uomini.

La realtà di questo vero e proprio ‘mondo parallelo’ e delle sue leggi assurde fatte di odio e violenza spietata viene raccontata e descritta da Saviano in modo fedele e vicinissimo alla verità, e non solo ci porta a scoprire come si muove all’interno il sistema, ma porta allo scoperto tutta una serie di intrecci politici e connessioni con l’alta finanza che, purtroppo, esistono davvero.

Gennaro Savastano e Ciro di Marzio, un’amicizia finita male

Col passare degli anni don Pietro Savastano, già da tempo in carcere a scontare il famoso 41 bis per aver ordinato quella vera e propria ‘mattanza’ di extracomunitari a Castelvolturno, ormai debilitato ed indifeso, lascia il posto di comando al figlio Gennaro che, con l’aiuto del suo fedele angelo custode Ciro di Marzio, allaccia rapporti commerciali con l’Honduras, dove riesce a comprare droga a prezzi stracciati; in questo modo riesce ad avere il controllo totale del mercato di hashish, eroina e cocaina, decidendo prezzi di vendita, assegnando le cosiddette ‘piazze di spaccio’, e stroncando sul nascere ogni possibile crescita di bande rivali.

Il rapporto di collaborazione ed anche l’amicizia tra i due sembra molto solida, quasi eterna, ma improvvisamente tutto cambia e ogni equilibrio si rompe; Ciro è costretto ad ammazzare don Pietro (evaso dal carcere di Poggioreale per fare altre stragi in difesa del territorio e della sua famiglia), che gli aveva addirittura ucciso la figlia di soli 9 anni, e Gennaro, a sua volta, gli diede il colpo di grazia piangendo mentre gli sparava.

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